Buona festa del lavoro e auguri ai lavoratori veri. Ed un mio personalissimo augurio alla psicologia del lavoro e agli psicologi del lavoro.

Magari risolviamo la disoccupazione in Sicilia e i problemi di lavoro a Palermo.

Certe volte le persone chiamano uno psicologo ma non hanno un lavoro.

Certe volte le persone chiamano lo psicologo ma non hanno problemi psicologici: hanno problemi economici.

Capita che i problemi economici e lavorativi, siano determinati da problemi psicologici.

Certe volte le persone non capiscono di avere difficoltà psicologiche e per questo sono senza lavoro.

Stati depressivi, ansiosi, intellettivi, cognitivi, educativi, … possono interferire con le prestazioni individuali.

Quello che accomuna un po’ tutti comunque è l’avere un problema di competenze.

L’Italia è stato il paese dell’incompetenza e adesso è incapace di uscire da questo stallo, anzi, vorremmo farlo con ulteriore incompetenza.

Dal dopo guerra e per il resto del ventesimo secolo, in Italia, in nome del diritto al lavoro si è affermata di fatto l’incompetenza.

La necessità di riconoscere valore ad ogni cittadino Italiano ha impoverito la società adottando ridistribuzioni coatte dei redditi attraverso creazioni ad hoc di mansioni aspecifiche nella pubblica amministrazione.

La pubblica amministrazione è diventata un ammortizzatore sociale pre reddito di cittadinanza, con il privilegio di non costringere le persone ad un certo punto a trovarsi un lavoro vero. Anzi.

Ciò ha consentito agli italiani di trascurare almeno per 50 anni la cultura della competenza, privilegiando la cultura del diritto degenerata nel posto fisso.

Oggi, ancora evitiamo di ammetterlo, e nessun politico si sognerebbe di farlo, rischierebbe di diventare impopolare subito.

La verità è che i diritti in natura non esistono e quello che in società si chiama diritto e che sembra una condizione immutabile, in realtà si paga attraverso la gestione delle risorse disponibili. Ogni volta che le risorse non sono più sufficienti gli aggregati umani di ogni tempo dimenticano gli sviluppi culturali tornando ai fatti culturali.

In poche parole, se possiamo pagare il diritto vince il più giusto.

Se non possiamo pagare il diritto, ritorna la legge del più forte.

Tornando al senso di questo post, la nostra società nei ultimi decenni del ventesimo secolo ha sopperito il deficit di competenze attraverso le risorse possedute. In questo modo non solo ha fronteggiato l’incompetenza ma l’ha paradossalmente promossa.

Vagonate di cittadini italiani, anche se privi di competenze specifiche sono stati assorbiti dalle pubbliche amministrazioni di vario genere.

A fronte di una MIVAR che vendeva TV in tutta Italia, c’erano migliaia di persone che andavano in pensione senza aver mai lavorato. E oggi, quando compriamo di tutto dall’AMERICA e dell’ASIA il nostro più grande obiettivo è riuscire a vendere arance alla Cina.

Ma in un mondo iper-competitivo e iperspecializzato  i nostri iper-incompetenti non sono più trascurabili.

Mentre il mondo andava avanti, in Italia si procedeva al contrario. Una pseudo-competenza poteva essere ulteriormente ridotta in parti più piccole.

Una frase tipo da pubblica amministrazione italiana è: “non è di mia competenza”, perché nella pubblica amministrazione italiana, chi mette un timbro non può spostare uno scatolone.

Sono competenze diverse.

In quella parte di mondo che invece oggi produce progresso e avanguardia le persone sono davvero iper-specializzate ma non credo che Bill Gates abbia mai detto: “no, lo scatolone lo lascio a terra a prendere l’acqua che cade dal tetto perché spostarlo non è di mia competenza”.

Per questo farei prima un passo indietro e poi un passo avanti.

Passo indietro: “Una competenza è ottimizzare risorse specifiche per raggiungere risultati specifici in un contesto specifico”.

Questo significa che competenza non è saper fare cose. Competenza non è l’abilità tecnica. Almeno non solo. Una competenza è aver chiaro qual è il risultato da perseguire ed essere capaci di mettere insieme tutte le cose che ci servono per perseguirlo. Avere conoscenze specifiche, relazioni specifiche, strumenti specifici, posti specifici, soldi sufficienti, leggi adeguate, ecc… tutte queste cose sono risorse.

In Italia invece questa cosa non si è mai capita. L’unica cosa che contava per lavorare in pubblica amministrazione era conoscere qualcuno e sapere quattro cose attaccate ca sputazza ntiesta per superare u coincoisso (come diceva il professore Catanzaro, mio professore di filosofia delle superiori) .

Mettere un timbro, qualcuno la chiama ancora competenza, senza sapere neanche perché e a cosa serve davvero.

Per capirci, pensa per un attimo al tuo lavoro. Quel è la tua competenza reale? Quale risultato persegui? Di quali risorse disponi? Cosa ti serve? Co’hai per farlo? Cosa non hai? Cosa mettono gli altri? Cosa metti tu? Sappi che meno risorse hai meno guadagnerai. Non sottovalutare che le principali risorse necessarie saranno il tuo corpo e la tua testa.

Per esperienza, a Palermo, mi capita ancora troppo spesso di sentire persone che si propongono per ogni tipo di lavoro: “mi serve un lavoro. Posso fare tutto”. Io so che dietro quel tutto, in realtà c’è molto poco.

Cosa intendi per tutto? L’astronauta? Il fantino? Lo scriba?

Dietro quel “posso fare tutto” ci sono in realtà solo poche possibilità.

Se per so fare tutto intendo anche il giardiniere, in realtà so solo levare le foglie da terra; perché anche per fare il giardiniere servono conoscenze specifiche, serve saper utilizzare attrezzi specifici, essere capaci di configurare risultati specifici, ecc… ecc…, significa che se io so fare il giardiniere bene, non dico che so fare tutto, ma che so fare il giardiniere.

Anche io monto le librerie Ikea, ma mica penso di essere un falegname.

Allo stesso modo il ragionamento vale per ogni tipo di lavoro vero: dal muratore al dottore.

Una cosa è fare il manovale e portare caldarelle; una cosa è fare il muratore specializzato.

La disoccupazione in Sicilia e a Palermo è ormai un problema sociale difficilmente risolvibile.

A mio avviso è difficilmente risolvibile perché è sbagliato l’approccio che usiamo per risolverlo.

È vero che in Sicilia abbiamo avuto ed abbiamo le menti più raffinate del pianeta. Come è anche vero che a Palermo abbiamo avuto gli artigiani ed i lavoratori più raffinati del mondo.

Ma questo non basta. Primo le eccezioni non fanno media sociale. Le eccezioni cambiano il mondo ma non cambiano sensibilmente il posto. Leonardo Da Vinci ha cambiato il mondo, non Firenze. È Firenze che ha fatto crescere Leonardo. Così come Cristoforo Colombo ha cambiato il mondo ma non Genova. Anzi, Genova ci ha rimesso. Si è arricchita la Spagna perché la Spagna ha investito e creduto in lui.

Le società cambiano con il valore medio delle persone che la abitano.

Il fatto è che assecondando tutte le statistiche nazionali ed europee, Palermo è ancora una città poco scolarizzata e gli standard di scolarizzazione media europea si sono sensibilmente alzati rispetto a 100 e 50 anni fa a Palermo no.

A Palermo è ancora diffusa l’idea che studiare non serve e che tanto per lavorare servono conoscenze.

È vero, le conoscenze rientrano tra le risorse necessarie per esprimere le competenze, ma è anche vero che la “conoscenza” senza la CONOSCENZA serve a ben poco.

La conoscenza alla palermitana serve a ben poco, solo qualche politico sopravvive così, grazie alle conoscenze.

Quello che dovremmo ormai accettare è che se vogliamo vivere col diritto dobbiamo sottomettere il diritto alla competenza e non più viceversa. Altrimenti la nostra società collasserà per lasciare il posto ad una società nuova con i sopravvissuti della vecchia.

PS. i sopravvissuti sono sempre i più forti ed i più intelligenti: mai i più ricchi.