Rabbia? Arrabbiato? Sono indignato. Senza parole. Forse mi piacerebbe pestare a sangue qualcuno.
Proprio poco fa ho saputo dal telegiornale che un altro ragazzo è morto: pestato fuori da una discoteca. Ieri alle iene invece c’è stato un servizio sulle vittime da episodi di violenza estrema.
In questo momento, lo ammetto, anch’io sono arrabbiato e forse mi comporterei allo stesso modo con questi sub-umani.
Eppure, per ridurre questi comportamenti, basterebbe un minimo di educazione emotiva e ci vorreiprovare.
Cos’è la rabbia? Perché ci arrabbiamo?
La rabbia è solo un’emozione che ci avvisa che dobbiamo difendere qualcosa che ci appartiene.
Ma quand’è che scatta l’allarme nel nostro cervello? Quand’è che si attiva l’interruttore?
La rabbia solo apparentemente è una reazione automatica. In realtà non appena abbiamo la sensazione che una nostra regola interna sia stata violata, immediatamente ed inconsapevolmente avviene la reazione.
È importante capire che questa regola può anche essere semplicemente nostra e solo nostra.
Per esempio io mi arrabbio quando vedo le strade ridotte a discariche.
Nel mio cervello c’è la regola: “Le strade devono essere pulite. Le persone non devono buttare l’immondizia così”.
Nel mio cervello le strade pubbliche è come se fossero anche mie e quindi ne vorrei difendere il decoro. Come se a perdere il decoro fossi pure io.
Se proviamo grossolanamente ad ipotizzare, da quello che ho sentito al telegiornale, tutto è cominciato da un cocktail preso per sbaglio al bancone. Magari nella mente dell’aggressore c’era la regola: “nessuno deve prendere il mio cocktail neanche per sbaglio. Se qualcuno lo fa significa che mi stanno prendendo in giro. Prendermi in giro significa che perdo la mia reputazione”. Non sottolineo che l’ho sparata. È ovvio. È solo per capirci.
Pensaci. Quand’è che tu ti arrabbi? Dietro c’è sempre un regola. Più la regola è rigida ed inviolabile più intensa e violenta sarà la reazione.
Cosa potremmo fare allora? Basterebbe riconoscere la regola che c’è dietro la nostra emozione e valutarne la rigidità. Chiederci cosa stiamo pensando di perdere e che quindi vale la pena difendere. Molto spesso siamo esagerati e basterebbe dire alla nostra mente come stanno le cose.
Sono le pretese assolute che ci fanno perdere il controllo.
Ad esempio, le persone che perdono il proprio partner e diventano estremamente violente e persecutorie, nella loro mente hanno frasi del tipo: “non posso assolutamente essere lasciato così; lui/lei DEVE stare con me”.
Fortunatamente i doveri, anche giuridici, non sono leggi di natura, e cambiano sempre.
Le persone non devono niente a nessuno e nessuno deve niente ne a noi ne a nessun altro.
Basterebbe attraverso banali educazioni emotive chiarire questa cosa fin dalla scuola.
La prossima volta che ti arrabbi chiediti perché lo stai facendo e in modo volontario prova a riformulare quello che ti stai dicendo. La rabbia magari è un’emozione adeguata: non è adeguata l’intensità con la quale la stai esprimendo.
Dirsi: “ok, non è opportuno che qualcuno si prenda il mio cocktail e non mi piace essere preso in giro” è meglio di dirsi: “nessuno deve prendersi il mio cocktail e nessuno deve prendermi in giro”.
“ se qualcuno mi prende il cocktail non succede niente e se mi prendono in giro significa che mi vogliono bene”.
Rimodulare la rabbia significa che anziché diventare irati si è semplicemente infastiditi od irritati.
A breve termine l’ira potrebbe pure procurarci grandi soddisfazioni, a lungo termine però ci comprometterà la vita.
Come difenderci da uno che si arrabbia con noi? Se non ci vuole punire, ricordiamoci che anche lui sta pensando di difendere qualcosa. Il primo tentativo da fare allora e lasciargli una via d’uscita che gli lasci salvare la faccia. Un po’ come si fa con i cani. I cani abbaiano quando sono in gabbia o senza via d’uscita. L’istinto è sempre quello di salvarsi scappando. Ecco, per salvarci basta fare scappare (anche metaforicamente) chi ce la con noi, facciamogli salvare la faccia.
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