Fare lo Psicologo non è facile.
A Palermo forse ancora meno.
Il mio lavoro è un po’ strano. Stavo riflettendo su come, diversamente dagli altri lavori, io devo dire alle persone: “ Ti devi preoccupare”.
Cioè, quando chiami un elettricista e gli dici: “l’impianto è saltato”; l’elettricista ti risponde: “Non si preoccupi, ci penso io”;
Quando chiami il tuo dottore e gli dici: “ho la febbre”; il dottore ti risponde: “ok, non ti preoccupare, prenditi questo”;
Quando chiami l’avvocato, subito ti risponde: “non si preoccupi, faccio tutto io. Dorma tranquillo”.
Quando qualcuno chiama me, spesso devo rispondere: “allora, starai meglio, ma dobbiamo lavorarci insieme. Prima di tutto riconosciamo le responsabilità. Dopo di che pianificheremo un percorso e successivamente entrambi faremo il possibile affinché avvenga il tuo cambiamento”.
Naturalmente non sono così sintetico, il succo è comunque questo.
In generale, le persone sono abituate a chiamare qualcuno per togliersi un pensiero. Quando chiami lo psicologo, invece, forse hai un pensiero in più e il problema forse sei tu!
Riflettici, quando vai in palestra per farti i muscoli, mica il personal trainer fa i pesi al posto tuo.
Sicuramente ti segue, ti progetta il percorso più adeguato alle tue potenzialità, ma alla fine sarai tu che suderai.
Perfetto.
Allora perché è così difficile ammettere che se la nostra vita non è il massimo, qualche colpa forse l’abbiamo pure noi?
Molte persone, smettono di andare dallo psicologo proprio per questo, e molti psicologi probabilmente per questo hanno imparato a dire: “non ti preoccupare, tutto si aggiusta, tu non c’entri niente”.
Peccato che un discorso con quello che le persone vorrebbero sentirsi dire lo fanno già i preti:
“tu prega, che il signore ti aiuta. Abbi fede”.
Nella vita reale, le cose non vanno così. Noi siamo semplicemente il risultato di tutte le decisioni che abbiamo preso nella nostra vita. E’ vero che l’ambiente di origine influenza il risultato finale, ma un atteggiamento positivo e responsabile, in ogni caso ci farà avere un po’ di più.
Scendiamo nel tecnico.
Stiamo parlando del locus of control, ovvero della nostra tendenza ad attribuire la causa di ciò che succede a noi ed al nostro controllo o a motivi estranei e quindi al fato.
Per molti il locus of control è come un tratto di personalità, come l’introversione o l’estroversione: probabilmente si nasce più o meno fatalisti o determinati. Per altri, è si una tendenza naturale, ma sulla quale si può lavorare.
La tendenza generale delle persone è comunque quella di, attribuire i propri successi a motivi personali ed i propri insuccessi invece alla sfiga o almeno agli altri.
Dove voglio arrivare: ho praticamente finito.
Lascia stare tutte le teorizzazioni sui motivi e le cause dei nostri sbagli o dei nostri successi.
La sperimentazione parla chiaro.
Immagina una cosa qualsiasi. Un risultato che ti piacerebbe raggiungere.
Fai finta che per fare questa cosa che stai pensando bisogna fare 10.
Non importa quanto dipende da noi farla.
Se prendiamo due persone a muzzo con le stesse possibilità, abilità, soldi, lavoro, ecc… una però che pensa in modo attivo ed una che pensa in modo passivo, quella che si approccia al compito in modalità “locus of control interno (dipende da me)” avrà comunque maggiori risultati dell’altra.
Ora non voglio dire che l’importante e provarci e nemmeno crederci, voglio solo dire che se si assume un atteggiamento in cui pensiamo che ciò che siamo e che abbiamo dipende al 60 percento da noi ed al 40 percento dagli altri, fra dieci anni staremo sicuramente meglio che se pensassimo che dipende al 60 dagli altri ed al 40 da noi.
Tutto qui.
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