Stavolta voglio parlare di cose serie e per questo parleremo di raccomandazione e di come possiamo farci raccomandare pure noi.
Nel mio lavoro non posso fare a meno di provare a capire cosa credono le persone. Perché è sulla base di quello che le persone credono vero che le persone si comportano.
Ogni volta che chiedo alle persone: “secondo lei cosa serve per trovare lavoro”, quasi sempre, le persone in automatico rispondono: “la raccomandazione”.
Per questo voglio parlare proprio di questo.
Siamo il risultato di tutte le persone che abbiamo incontrato nella nostra vita e di tutte le cose che abbiamo imparato.
Non possiamo negare quindi che siamo costantemente circondati da tentativi di raccomandazioni. Non solo per trovare lavoro ma per ogni cosa. Quando siamo nati, forse i nostri genitori hanno tentato di farsi dare una stanza singola in ospedale in modo che i nostri parenti potevano venire a trovarci quando volevano. E quando moriremo forse i nostri familiari tenteranno di farsi raccomandare per farci dare un posto al cimitero. Senza considerare tutte le volte che abbiamo provato a saltare la fila alle poste dicendo conosco: “totò termini”.
Se siamo immersi in questo contesto e non c’è competenza senza contesto, come facciamo a negare che dobbiamo essere abili anche nel costruire e gestire relazioni?
La raccomandazione è solo un modo per influenzare il comportamento altrui al fine di procurarci un vantaggio personale.
Come persone effettivamente non conosciamo tantissimi modi per fare sta cosa.
La psicologia studia anche le modalità di influenzamento dei comportamenti altrui. Come persone e come psicologi sappiamo che gli altri si possono influenzare in pochissimi modi ed esercitando pochissimi poteri: Il potere militare, il potere economico, il potere intellettuale ed il potere sociale.
Ed è proprio questo, il caso della raccomandazione, esercitare potere attraverso qualcun altro.
Se non l’hai fatto ti invito subito a vedere il video sulla competenza, perché ci stiamo per riagganciare a quello.
Intanto ricordiamoci che essere competenti non significa saper fare cose. Mettiamoci in testa che essere competenti significa saper mettere insieme cose per raggiungere scopi specifici in contesti specifici.
Praticamente per raggiungere i nostri scopi dobbiamo ottimizzare le risorse che possediamo.
Il problema è che tendiamo a sopravvalutare le risorse sociali, e se sopravvalutiamo le risorse sociali è perché sottovalutiamo noi stessi o trascuriamo la necessità di metterci in discussione.
Quindi cominciamo ad accendere il cervello.
Prima delle risorse sociali c’è il palcoscenico, cioè il contesto, e prima del contesto ci sei tu: che sei l’attore principale.
Non faccio morale, provo semplicemente a dire cose utili.
Non sottolineerò quindi che la raccomandazione propriamente detta è illegale e la ripudio. Questa prassi ha rovinato l’Italia e tutta la Sicilia. Senza il sistema clientelare che produce le raccomandazioni pubbliche, probabilmente Palermo sarebbe una delle più vivibili città d’Europa.
Le raccomandazioni pubbliche impediscono ad ognuno di noi di poter esprimere il nostro valore.
Vorrei comunque raccontarti di un’altra forma di raccomandazioni: quelle legali.
La raccomandazione legale esiste ed è nel lavoro privato. Nel privato ognuno può assumere chi gli pare e scegliere le modalità di selezione che preferisce. Anche perché se assume la persona sbagliata scegliendola nel modo sbagliato ci rimette e quindi non gli conviene.
Nel mondo privato la raccomandazione si chiama REFERENZA. La referenza è quando qualcuno ti stima ed è disposto a parlare bene di te a qualcun altro.
Ognuno di noi non viene assunto solo perché è bravo. Ognuno di noi viene assunto anche perché è bravo. Ma ognuno di noi, prima di essere il proprio titolo di studio, il proprio lavoro e le proprie amicizie e soprattutto una persona.
Ognuno di noi, me compreso, tende a sopravvalutare le proprie competenze e a sottovalutare le competenze degli altri. Questa cosa la fa in automatico la nostra mente. Ed è bene che lo sappiamo. Ognuno di noi pensa che di meritare di più e forse che gli altri meritino di meno.
Andiamo quindi con ordine. Ognuno di noi è liberissimo di chiedere alle persone che ci conoscono, soprattutto se sono ex datori di lavoro, una buona parola su di noi. Sta cosa si fa da sempre. Nelle aziende più strutturare, queste belle parole ce le possiamo fare scrivere. Se qualcuno è disposto a spendere quattro righe per noi, quello che ne viene fuori è la lettera di referenza.
La lettera di referenza possiamo benissimo allegarla al curriculum. Per rendere la cosa maggiormente valida, possiamo chiedere a chi scrive la lettera se può essere disturbato nel caso qualcuno volesse verificare.
Ti suggerisco quindi di non cercare come si scrive una lettera di referenza. Ti suggerisco di lasciare libero di scrivere la lettera a chi la chiedi come meglio crede.
La lettera di referenze e quindi come una lettera di presentazione. Nel mondo del lavoro si chiama però lettera di presentazione, la lettera che scriviamo noi per descriverci. Ma in questo caso siamo tutti bravi a dire: “so lavorare in gruppo, gestisco lo stress e risolvo problemi facilmente”. Che qualcuno invece lo riconosca e lo scrive e tutta un’altra cosa.
Considerate che se qualcuno scrive una lettera per voi, si sta giocando la sua reputazione. Nessuno vuole sentirsi dire: “ma a cu mi mannasti? Ma u canusci buono?”.
Capito questo, dobbiamo capire una volta per tutte che la cosa più importante che serve per trovare lavoro non è la raccomandazione ma serviamo noi stessi. La cosa più importante a prescindere da quello che vogliamo fare è la nostra presenza e la nostra capacità di farci capire.
Evitiamo di apparire arroganti, presuntuosi e ostili.
Impara a costruire relazioni solide basate sulla stima e la fiducia reciproca. In questo modo avrai le tue referenze.