Le persone soffrono.

E quando soffrono non hanno per forza mal di gola.

Possono avere un disagio psicologico.

Se lavori per non farle soffrire, lo devi capire, quando soffrono, quanto soffrono e perché.

In questi giorni ho sofferto pure io leggendo quello che avete letto pure voi e mi sono chiesto un sacco di cose.

Adesso non è da me fare retorica e promuovere contenuti stucchevoli e quindi eviterò in ogni modo di farlo.

Mi chiedo però alcune cose e queste cose  vorrei condividerle con voi.

In che modo la nostra società può accogliere il dolore delle persone e risolverlo al meglio?

Il dolore delle persone molto spesso viene liquidato sia dalle istituzioni che dalle persone con espressioni totalmente inutili oltre che retoriche: “stai tranquillo, non ti preoccupare. Poi passa. Non ci pensare”.

Lo sai che molto spesso non passa ma peggiora. Giusto?

Perché i servizi territoriali, servizi sociali compresi, faticano a riconoscere ed accogliere il disagio della popolazione che dovrebbero supportare?

Molto spesso i servizi sociali sono visti come quelli che rompono le scatole e nelle migliori delle ipotesi sono visti come quelli che ti fanno l’elemosina per farti mangiare due giorni in più.

I servizi sociali dovrebbero rappresentare quel servizio che fa da tramite tra le persone e le istituzioni. I servizi sociali dovrebbero essere quel servizio che supporta le persone a risolvere i problemi non solo sociali ma anche psicologici. Dove sono gli psicologi nel servizio pubblico? I servizi sociali dovrebbero essere quel servizio pubblico che accoglie, comprende e risolve il disagio delle persone. Le persone non hanno solo problemi economici o la febbre. I servizi sociali dovrebbero assumere anche una funzione pedagogica ed educativa, cioè fornire quegli strumenti che possono essere utili alle persone per migliorare le loro condizioni di vita ed uscire dal disagio davvero, non per finta. Dov’è la progettazione?

Le persone molto spesso sono sole con il loro dolore.

Non possiamo negare che è davvero grave, quando le persone si rivolgono ai medici di famiglia, che impreparati per questo tipo di situazioni, non sanno davvero come intervenire e che quindi liquidano il cittadino o con retoriche frasi rassicurative: “un ci pinsari” o direttamente prescrivendo impropriamente psicofarmaci che possono anche peggiorare la situazione.

Davvero vogliamo ancora sottovalutare queste cose?

Alcune persone ormai rassegnate non si rivolgono nemmeno più alla chiesa e rimangono totalmente sole.

Eppure dovremmo averlo capito, il dolore fa fare fesserie. Le risposte facili fanno fare fesserie. Le persone che stanno male possono fare male agli altri o a sé stessi.

A chi stiamo aspettando per accettare che il dolore psicologico può essere anche dei grandi? A chi stiamo aspettando per accogliere il dolore psicologico delle persone senza considerarle ne deboli ne capricciose?

Cosa può fare una persona che contatta uno psicologo privato ma non può permetterselo?

Forse è arrivato il momento di ristrutturare il servizio sociale in Italia svincolandolo dall’obbedienza normativa che anziché risolvere i problemi delle persone riempie solo le loro carpette di carta.