Tu chi sei? Se ti incontrassi per strada cosa mi risponderesti? Attento alla tua identità professionale.

Noi siamo un sacco di cose e a questa domanda potremmo rispondere in un sacco di modi altrettanto corretti. Tendenzialmente rispondiamo assecondando i ruoli sociali che rivestiamo. Possiamo dire sono un uomo, un essere umano, un padre, una madre. Un marito, una moglie.

Spesso rispondiamo però con quello che facciamo. Rispondiamo con il nostro lavoro.

Personalmente sono dell’avviso che la mia domanda non è una domanda. L’unica risposta davvero completa potrebbe essere: “io sono semplicemente io”.

Eppure non possiamo trascurare di non saper rinunciare a risposte che supportano la nostra identità. Anche perché da quando nasciamo costruiamo e strutturiamo la nostra identità: cioè il nostro senso in questo mondo.

E non possiamo negarlo, gran parte di senso in questo mondo ce l’abbiamo con il nostro lavoro, cioè con quello che facciamo e con il contributo che diamo.

Per questo ti vorrei parlare di come il nostro profilo lavorativo diventa parte della nostra identità.

E la nostra identità influisce anche sul nostro umore.

Considera che l’assenza di un’occupazione, non necessariamente lavorativa,  influisce negativamente sulla nostra vita.

Capiamoci subito, a prescindere da quello che è il nostro profilo lavorativo, possiamo strutturare un’identità soddisfacente o meno. L’importante è che agiamo consapevolmente e attivamente sul nostro lavoro. Praticamente facciamo del nostro meglio per migliorarlo anziché subirlo passivamente.

Sia che facciamo le pulizie, sia che facciamo il notaio.

Come funziona la cosa? Funziona più o meno così.

Ad un certo punto della nostra vita cominciamo ad imparare cose. Queste cose che impariamo possono diventare utili a farci fare cose.

Ad esempio posso conoscere la ricetta per fare una Torta ma non necessariamente devo saper fare una torta. Ad un certo punto però posso imparare a farla. Per imparare a farla mi serve ulteriore motivazione. Questa motivazione può derivare o dal mio piacere e interesse personale  o dal fatto che mi paghi.

In ogni caso faccio una torta. Stai attento però. Quand’è che mi sentirei un pasticcere? Posso pure fare torte ogni giorno e venderle. Ma questo basterebbe a farmi essere un pasticcere? Forse si o forse no. Nei fatti. Quello che conta davvero è quanto io mi senta pasticcere.

Se mi sento pasticcere allora comincio ad imparare a farlo meglio e la mia motivazione sale e l’identità professionale si struttura sempre di più. SONO UN PASTICCERE.

Altrimenti quello che faccio continua a rimanere un piccolo profilo lavorativo.

Stai attento, perché ogni lavoro può strutturare la nostra identità dandogli spessore o schiacciarla.

Ho conosciuto diverse persone che hanno rinunciato a lavori per molti ambiti per il semplice fatto che non ne potevano più. Anche tu avrai sentito parlare di avvocati che aprono ristoranti.

Secondo te, un meccanico della Ferrari, o quello che fa il meccanico picchì ci capitò, hanno avuto la stessa passione e lo stesso impegno? E secondo te hanno la stessa gratificazione nel farlo? Ogni lavoro può renderci fieri o distrutti. Che ne so.

Ci sono comunque pure persone che anche se non sono molto brave in quello che fanno hanno un’identità professionale molto solida. Pensa a tutte le persone che si sentono scienziati e non hanno aperto mai un libro. Noi ci babbiamo, ma sono proprio gli argomenti di questi giorni: virologi ed economisti si sprecano.

Poi dobbiamo parlare invece di quando la nostra identità professionale assorbe tutta la nostra identità. In questi casi non è identità professionale ma identità professioANALE. Praticamente, hai sempre il tuo lavoro nel culo. Ti è mai capitato di incontrare persone che dopo 5 minuti che le incontri ti devono dire che lavoro fanno? “io sono un il super mega dottore bla bla bla”. Ecco. In questi casi probabilmente il proprio lavoro è tutto ciò che si è e serve a regolare costantemente l’autostima e le relazioni.

Io modestamente eviterei, non è bello.

Ecco, io andrei per ordine. A prescindere da quello che fai, non dovresti trascurare che tu non sei il tuo lavoro ma il tuo lavoro in ogni caso è una parte di te.

Prova quindi a renderlo coerente con la tua identità. Per fare questo trova la giusta motivazione per farlo sempre  meglio, imparando sempre cose nuove.

Sintetizzando, per essere gratificati dal proprio lavoro servono:

  • Conoscenze (sapere);
  • Abilità (saper fare);
  • Motivazione (quella giusta che viene da te);
  • IDENTITÀ.

CIAO.

Se hai tempo guarda come funzionano i livelli di competenza. (video)

Livelli di competenza (post)