Amunì, facciamo sto post.
Sono depresso.
Come va. Io ho l’umore a terra.
Ormai è un mese che sono chiuso qua. Tu sei un po’ triste? Non mi dire che ti sta venendo la depressione.
Lo sai cos’è la depressione?
Non lo so quando leggerai, io sto scrivendo ad un mese dall’isolamento per il corona virus (covid-19). E comunque no, non sono depresso. Ho usato solo una scusa per scrivere di depressione. Mi dispiace.
Praticamente da un mese che cerco di fare capire ai poteri forti che sono dalla loro parte e ancora non solo non mi hanno inviato dei regali; ma manco si sono fatti sentire.
Provo a fare il lavaggio del cervello alle persone che si stanno avvicinando alla verità e niente.
I poteri forti manco mi considerano.
Big Pharma potrebbe inviarmi un bel computer per fare video migliori. Niente. Se ne fottono.
Praticamente non valgo niente. Sono inutile. E loro sono vero stronzi. Che mondo di m…..
Ogni volta che la vita ci toglie qualcosa. Il nostro umore va giù. Ma il nostro umore va giù pure quando con i nostri sforzi non riusciamo ad ottenere qualcosa che desideriamo. Ma va giù pure quando pensiamo a qualcosa che avremmo potuto avere e che invece non siamo riusciti ad ottenere.
Praticamente nella nostra vita il nostro umore va giù. E più facile che vada giù anziché andare su. Per farlo andare giù basta stare fermi.
Per farlo andare giù basta pensare quello che avremmo potuto avere, quello che avevamo o quello che non avremo mai.
Aspè, è quando dico “qualcosa”, intendo pure cose che non si possono toccare. Tipo la dignità e il perdono.
A me non è successo mai. Ma immagina che hai trattato male qualcuno che non ti ha mai perdonato. Mamma mia.
Comunque, io voglio parlare della mia tristezza. Che mondo di M.
Ho tutto il diritto di essere depresso.
L’umore è depresso quando va troppo giù. E si dice che siamo depressi, quando va troppo giù per troppo tempo.
A tutti noi capita di essere tristi. La tristezza non è altro che un’emozione spiacevole determinata dalla sensazione o dalla percezione di aver perso qualcosa.
Praticamente, se ti do una cosa sei gioioso se te la tolgo sei triste.
O meglio, per essere più precisi e semplici, se pensi di aver guadagnato qualcosa provi gioia; se pensi di aver perso qualcosa sei triste. Se pensi che guadagnerai qualcosa ti gasi, se pensi che la perderai sei triste. Se credi che l’avrai persa per sempre e niente potrà sostituire la mancanza, le cose diventano un po’ più serie, gravi e complicate.
Sarà terribile. Non riesco nemmeno ad immaginare il dolore che potrei provare se dovessi perdere i miei figli. Devastante.
La tristezza comunque è utile. Ci ha permesso come specie, di poter preservare quello che abbiamo e che costruiamo, facendoci evitare di comportarci in modo da concludere poco nella vita. Perché allora diventa un problema? Ecco, qui le cose diventano un po’ più complicate. Potremmo avere delle disfunzioni neurologiche e neurochimiche personali ma potremmo anche percepirci come deboli e incompetenti o avere addirittura irragionevoli aspirazioni. Lì scatterebbe un interruttore psicologico automatico che ci sottometterebbe alla nostra tristezza.
Molti dicono: “si, ma mia madre non tornerà mai più”. E certo. Si chiama vita.
Per questo la maggior parte delle persone ad un certo punto senza sapere come stanno meglio.
La vita si gioca su più aree e livelli su cui provare gioie e gratificazioni. Se ad un certo punto una di queste diventa dominante ed esclusiva, come ad esempio quella familiare, sarà sicuramente più difficile trovare nuovi stimoli e nuove possibilità di benessere.
La notizia positiva è comunque che il nostro organismo è una macchina progettata per stare bene; non per stare male: come molti pensano.
La fregatura di quando siamo tristi è anche la cosa più bella. Le persone a noi care ci coccolano e fanno per noi quello che non farebbero altrimenti. Ad esempio mia moglie butta l’immondizia al posto mio. Queste cose sono belle. Sono i vantaggi secondari della depressione.
E ad un certo punto cominciamo a smettere di fare anche le più semplici e non sappiamo più da dove ricominciare.
Torniamo a noi, ma perché sono triste? Quando siamo tristi dovremmo quindi capire perché lo siamo. Non è banale.
Perché la stessa cosa fa qualcuno triste ed un altro felice? Immagina un trasferimento lavorativo. Qualcuno potrebbe esserne felice, qualcun altro distrutto. Il primo pensa: “oh no! lascio i miei amici che amo e che mi amano. Con loro sono forte”; l’altro potrebbe pensare: “evvai, finalmente potrò abitare un posto civile e avrò finalmente la possibilità di esprimere il mio potenziale”.
Inoltre esistono varie tipologie di tristezza.
Le più frequenti sono: la tristezza da senso di colpa, da autocommiserazione e da commiserazione. Ci sentiamo in colpa quando pensiamo che avremmo potuto fare qualcosa perché ne saremmo stati capaci. Ci autocommiseriamo quando pensiamo di essere degli incapaci e commiseriamo il mondo quando pensiamo che quello che abbiamo perso è per un ingiustizia della vita.
Sinteticamente non è quello che succede a condizionare le nostre emozioni ma piuttosto quello che pensiamo che stia succedendo. La tristezza non è esclusa da questo giochetto.
Spesso la tristezza segue condizioni preesistenti di ansia. Non è raro che persone eccessivamente ansiose ad un certo punto diventino depresse. L’ansia inibisce i comportamenti attivi per farci evitare potenziali punizioni. Alla lunga però alcune persone cominciano a pensare a tutte le cose che si sono perse per colpa della loro ansia e a quel punto si deprimono.
Spesso sono trascurati i vantaggi secondari della depressione: sopratutto quelli iniziali. Quando una persona è da poco tempo depressa, chi gli sta vicino gli dice: “non ti preoccupare, riposati, stai a letto. Ci penso io”. In poche parole all’inizio la depressione ci toglie di torno tutte le camurrie di una vita normale: pulire, sistemare, andare al supermercato, andare al lavoro, ecc… .
Ad un certo punto però le persone che sostenevano, si stancano e il “non ti preoccupare” diventa: “basta, no ne posso più. Alzati”. Le persone cominciano ad allontanarsi ed il senso di solitudine diventa schiacciante.
La triade cognitiva della depressione: quello che pensano i depressi.
A questo punto i pensieri che dominano la mente depressa sono: “gli altri sono stronzi. Io faccio schifo e sono inutile. Il mondo è un postaccio”.
La letteratura scientifica ormai è chiara. Per risollevare il nostro umore bisogna cominciare dal riattivare positivamente il nostro comportamento riprendendo piano piano in mano la vita. Basta cominciare anche con piccole passeggiate e dedicarsi a ciò che piace davvero fare senza dimenticare che anche le rotture di scatole fanno parte della vita.
Se ti va guarda come riorganizzare la tua vita. o Leggi il post