Da quando ho scoperto che sono po’ stilista ho provato a capire perché ci vestiamo.
Se hai già visto il video saltalo e vai avanti.
Comunque.
Perché ci vestiamo? Perché andiamo a comprare vestiti? Come scegliamo i nostri vestiti?
Vestirsi è un comportamento e ormai dovremmo sapere che la psicologia studia il comportamento delle persone. Almeno lo spero.
Ogni comportamento può essere osservato, descritto, interpretato e giudicato.
In questo approfondimento vorrei pertanto capire perché ci vestiamo e perché compriamo alcuni vestiti piuttosto che altri.
Alla fine generalizzeremo quello che ci diciamo sui vestiti su ogni altra cosa che compriamo.
In poche parole questo è un approfondimento sul comportamento d’acquisto. Cose che gli esperti di marketing sanno benissimo. Anche loro sono un po’ psicologi ed il marketing è pura psicologia.
Andiamo con ordine. Vestirsi soddisfa almeno tre bisogni elementari che, dal primo animale scannato per prenderne la pelliccia, gli esseri umani hanno scoperto.
LA FUNZIONE MATERIALE
Il primo motivo per il quale indossiamo qualcosa è sicuramente per la sua funzione spicciola.
A che serve fisicamente quello che ci stiamo mettendo? Se c’è freddo e dobbiamo uscire, sicuramente prendiamo un giubbotto che ci terrà più caldi evitando di farci disperdere meno calore possibile.
Lo stesso vale per un maglione o una magliettina: servono in ogni caso a coprirci. A sto punto ognuno di noi ha già capito. Inutile che faccio cento esempi.
LA FUNZIONE EMOTIVA
Il secondo bisogno è di tipo emotivo.
Non c’è dubbio, i nostri vestiti contribuiscono a regolare la nostra emotività. A chi non è mai successo di sentirsi più o meno triste, più o meno ansioso o più o meno arrabbiato in base a quello che abbiamo indossato o ci hanno fatto indossare? Mi ricordo benissimo quando una volta mia madre, da piccolo doveva farmi indossare un maglione sul verde scuro che mi faceva schifo. Mi ricordo benissimo quanto mi sono sentito furioso. Come allo stesso modo sono consapevole delle mie inutili preoccupazioni (ansia), ogni volta che mi compro qualcosa di nuovo che esce un po’ dalle mie consuetudini e devo indossarlo per la prima volta.
Purtroppo devo aprire una piccola parentesi autobiografica che potrebbe apparire auto-celebrativa. Non ne è questo lo scopo.
Ormai qualche anno fa ho frequentato un master serissimo in HR Management. Per iniziativa del direttore era obbligatorio frequentare le lezioni in giacca e cravatta. A noi allievi sta cosa appariva quasi assurda e alle prime lezioni ognuno di noi mostrava qualche traccia di disagio.
Ovviamente poi è diventata una cosa normale e nessuno ci faceva più caso. Col senno di oggi reputo sta cosa una genialata. Considerando che la competenza percepita passa anche dalla qualità della presenza, l’intento del master era quello di sviluppare le competenze a 360 gradi. Gli avvocati ne sanno sicuramente qualcosa.
In poche parole, alla fine del corso chi si sarebbe presentato in giacca e cravatta ad un eventuale colloquio di lavoro non sarebbe apparso agli occhi del selezionatore come uno sprovveduto a disagio come chi indossa la cravatta per la prima volta.
Adesso dovremmo anche aver maggiore consapevolezza di come ci fanno sentire i nostri vestiti.
Già il solo fatto che ci vestiamo riduce l’ansia o il panico che ci assalirebbe dall’uscire nudi. E scegliere da soli i nostri vestiti ci evita di indossare qualcosa che non ci farebbe stare a nostro agio.
E adesso la funzione più importante.
LA NOSTRA IDENTITÀ
I vestiti regolano e supportano la nostra identità. Da qualche altra parte l’ho scritto. Tu sei semplicemente tu ed io sono semplicemente io. Eppure i nostri vestiti ci dicono chi siamo e lo dicono anche agli altri.
Il cappello del papa può essere indossato solo dal papa. Ed a meno che non sei un miliardario della silycon valley non puoi fare il manager in felpa col cappuccio.
Non dimenticherò mai come alle superiori non avrei mai indossato una camicia dentro i pantaloni. Mi avrebbe fatto troppo schifo e avrei rinunciato alla mia identità. Nella mia mente ero troppo metallaro per le camicie. Non scherziamo. Chi l’avrebbe mai detto che avrei conservato solidamente la mia identità anche indossando una camicia dentro i pantaloni. Incredibile.
E quindi, ti stai rendendo conto ti quanti vestiti hai per ricordarti chi sei e per farlo capire agli altri?
Consideriamo che se dovessimo assecondare solo i bisogni funzionali trascurando quelli emotivi e identitari potremmo avere tutti gli stessi maglioni bucati uno sopra l’altro, esattamente come i barboni.
Mi sono appena ricordato di quando i romani hanno cominciato a colorare le loro tuniche. Tutte le tuniche erano bianche. Ad un certo punto qualcuno scopre la porpora che si ricavava da un mollusco e che rendeva le tuniche rosse. Inutile dirti che il procedimento costava e solo i più ricchi potevano avere la tunica rossa. La tunica rossa era uno STATUS e quindi identità.
La tunica rossa non ti diceva sento freddo o mi copro le palle ma semplicemente: “sono più ricco di te”.
La stessa cosa che dice Zuckerberg con la sua felpa: “sono così famoso che sai benissimo che nessuno è più ricco di me. La mia identità è così forte che resto io anche con un cappuccio in faccia che manco mi vedi”.
Comunque, ci siamo capiti.
Volevo invece farti notare come tutto il ragionamento che abbiamo fatto finora può essere generalizzato su tutte le altre cose che compriamo.
La prima cosa che mi viene in mente è il cellulare. Secondo te la Apple, a parità di funzioni con gli altri smartphone, cosa ti sta vendendo esattamente:
– la possibilità che tu possa telefonare o la possibilità che tu possa ESSERE UNO con un IPhone e non uno sfigato?
Una volta ero ad un seminario sull’imprenditoria ed uno dei relatori mi ha fatto capire ste cose benissimo. Non mi ricordo il cognome, purtroppo, ma il discorso era questo.
Tutti i saponi puliscono ed igienizzano. Chi più chi meno. Le funzioni dei prodotti sono facilmente riproducibili dalle aziende. Ad un certo punto quindi la DOVE aveva troppi concorrenti e faticava a vendere le saponette. Alla DOVE hanno pertanto capito che dovevano smettere di vendere saponi ma dovevano cominciare a vendere emozioni. E chi è che non ricorda la pubblicità di quella signora nuda in vasca da bagno che si rilassa? Quella signora mica si pulisce. Quella signora si rilassa!
O la pubblicità della Golf: mica ti dicono fa tanto al litro (funzione utile); ma ti dicono: “senti sto suono di sto sportello”. Come ti senti ora?Lascio a te l’esercizio di trovare tutti gli esempi in cui capisci che provano a venderti identità e non funzioni.
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