Cos’è l’anoressia? Cos’è la Bulimia?

Stavolta parliamo del comportamento alimentare. Mangiare è un comportamento. Il primo comportamento che impariamo quando nasciamo.

Anoressia e bulimia sono disturbi del comportamento alimentare.

Come sempre non parleremo di sintomatologia. I criteri diagnostici li troviamo su molti altri siti. Quello che mi piacerebbe approfondire invece è l’essenza psicologica di questi disagi.

Perché a volte le persone mangiano talmente male da stare davvero male? Perché le persone a volte mangiano talmente male da rovinarsi la vita pur credendo di fare la cosa giusta?

Inutile ricordarci quante persone hanno problemi determinati dal loro modo di mangiare. C’è chi smette di mangiare. C’è chi non riesce a mangiare in modo sereno. E c’è pure chi mangia davvero troppo.

Allora, perché mangiare diventa un problema psicologico?

Semplice, perché mangiare è un comportamento e come ogni comportamento si impara. Mangiare ha una fortissima e non trascurabile componente istintuale, ma come mangiare, quanto mangiare e cosa mangiare lo impariamo.

Fin da quando nasciamo impariamo che il cibo è il miglior regolatore del nostro umore.

I nostri genitori decodificano il nostro pianto e lo attribuiscono a dei bisogni. Il neonato piange? Ha fame? Ha sete? È stanco? È annoiato? È arrabbiato? I genitori decodificano e soddisfano.

Ad un certo punto però alcuni genitori comprendono come a prescindere da qual è il vero bisogno, a volte basta dare da mangiare qualcosa. Chissà perché il bambino smette di piangere. Basta una caramella.

Ma ne abbiamo già parlato qui. Soprattutto per descrivere i comportamenti da abbuffate incontrollate.

Stavolta proviamo a capire l’essenza dell’anoressia e della bulimia.

La psicologia cognitiva e la psichiatria tendono ormai a considerare i disturbi del comportamento alimentare un unico disturbo che si esprime con diverse modalità comportamentali.

Ciò che caratterizza una persona anoressica, una persona bulimica o una persona che invece cede ripetutamente ad abbuffate incontrollate non è il peso, ma ciò che queste persone pensano.

La psicologia cognitiva comportamentale è sempre orientata e motivata a riconoscere ciò che le persone pensano.

Ormai l’abbiamo capito. Quello che le persone pensano e ciò che determina, nella maggior parte dei casi, come ci sentiamo e quello che facciamo.

Allora, cosa pensano le persone che soffrono di disturbi del comportamento alimentare?

  • “Il valore di una persona si esprime prevalentemente attraverso il suo aspetto fisico”;
  • “io valgo se sono magro/a”;
  • “Il peso si gestisce attraverso l’alimentazione”;
  • “com’è la mia alimetazione?”;
  • “com’è il mio aspetto?”;
  • “come gestisco il mio peso?”;
  • non sarò mai abbastanza magra.

Capiamo come la vita cognitiva di una persona con un serio disturbo del comportamento alimentare ruoti intorno a pensieri circa il proprio aspetto fisico, la propria alimentazione ma soprattutto il proprio valore.

Adesso quindi è più facile capire quali sono le differenze tra anoressia e bulimia. Non serve a niente discutere di “ma quante volte vomita? Non vomita? Ha le mestruazioni? Ecc…ecc…”. Non sono queste le differenze.

Rimaniamo concentrati sui pensieri. I pensieri di base sono fondamentalmente gli stessi.

La differenza sostanziale tra una persona anoressica e una persona bulimica è che una persona anoressica vince. Una persona bulimica perde. Una persona anoressica si percepisce come vincente e forte perché riesce nel suo intento. Una persona bulimica no e a volte è sottomessa dal senso di colpa che sconfigge con le tipiche condotte compensative: vomitare e assumere lassativi.

Per non parlare di chi invece soffre di alimentazione incontrollata e per questo obeso che manco ci prova a compensare: soffre e basta. Si sente un fallito totale.

Ma perché si diventa anoressici o bulimici? È perché soprattutto lo diventano le donne?

Torniamo ai pensieri di base. Ognuno di noi, fin da quando nasce costruisce schemi nella propria mente. In ogni schema scriviamo quello che impariamo filtrandolo col nostro temperamento di base.

Negli schemi scriviamo quella che é la nostra visione del mondo, di noi e degli altri.

Nell’attuale società i modelli vincenti proposti, soprattutto al genere femminile, sono: “le femmine valgono se sono belle; e sono belle se sono magre”.

Per non parlare poi di quanto le religioni attribuiscono inconsapevolmente potere alle persone che riescono a non mangiare. Non mangiare è la cosa più difficile che ognuno di noi può fare. È talmente difficile che chi ci riesce è praticamente quasi un Dio. Gesù infatti ci ha insegnato a digiunare. Così come l’ha insegnato Maometto. E così come molti dei nostri santi erano tali perché digiunavano davvero molto bene, tanto da avere anche allucinazioni.

Ogni genitore, poi, involontariamente restituisce fin dai primi anni di vita, immagini ai propri figli. Ogni bambino impara chi è dai propri genitori. I genitori dicono continuamente: “che bello questo bambino? Che intelligente questo bambino? Che forte questo bambino?”.

  • Sei troppo bello. Il più bello del mondo;
  • Sei troppo intelligente, il più intelligente del mondo;
  • Ecc… ecc…

Ma anche: “ma si cretino? Ma si scemo? Non fare il cacasotto, ecc… ecc….

Ogni volta che un genitore dice ripetutamente qualcosa al proprio figlio, in realtà lo sta formando.

Immaginiamo ora magari che ci sia una mamma che si concentra solo sull’aspetto estetico della propria figlia e dica continuamente: “ che biedda sta picciriddaaaa; mamma mia che biedda. Talè che bieeeddaa. Ora basta mangiare che poi diventi brutta, ecc… ecc…”.

Senza generalizzare, ma secondo voi, una mamma così con una figlia prevalentemente insicura ed introversa, non aumenta le probabilità di avere una figlia con disagi alimentari?

Una persona che sta fondamentalmente bene, sa che nella sua vita è importante la sua forma fisica (non il suo aspetto), il suo lavoro, i suoi amici, la sua famiglia, ecc…ecc…; ne abbiamo parlato qui .

Una persona con un disturbo del comportamento alimentare serio, invece trascura tutte queste cose. È importante l’aspetto fisico. STOP. Soprattutto prima che il disturbo diventi un vero e proprio problema. Magari poi non se lo ricorda più. Diverso è il caso di una fobia alimentare. Non mangio una cosa perché mi fa schifo. O non mangio perché ho paura di affogarmi.

Comunque, come si risolve un disagio del genere? È inutile dire: “devi mangiare, mangia, non vomitare e cose del genere”. Le persone lo sanno già. Quando il disturbo è in uno stato avanzato il corpo non riesce proprio a metabolizzare.

Rivolgersi a specialisti è necessario. È necessario ricostruire un’immagine più utile e funzionale di sé e reimparare a mangiare in modo corretto senza stressare ulteriormente il proprio corpo: la cosa più importante che abbiamo.

 

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