Qual è la differenza tra destra e sinistra?

Perchè si chiamano così? Cosa significano?

Ogni tanto,

La maggior parte delle persone rispolvera le principali categorie politiche e qualcuno invece  prova a convincerci che la sinistra e la destra non esistono più.

Io sostengo che il ragionamento per categorie funziona sempre ma gli orientamenti e quello che ci mettiamo dentro cambiano.

Le categorie indirizzano il pensiero e quindi il comportamento.  Anche nel ventunesimo secolo le categorie politiche o etichette più rilevanti sono le stesse: sinistra e destra.

Allora…

Dopo la rivoluzione Francese (1789-1799) , il parlamento francese  si divideva quasi spontaneamente così:

  • a sinistra sedevano quelli che promuovevano un nuovo Stato che avrebbe favorito i processi tendenti all’egalitarismo  superando le classi sociali;
  • a destra sedevano i rappresentanti della monarchia che reagivano al cambiamento e volevano restaurare la vecchia classe aristocratica.

 In poche parole progressisti e reazionari.

I progressisti vogliono cambiare; i reazionari reagiscono al cambiamento e vogliono lasciare le cose come stanno o farle tornare come erano prima.

Passano i decenni ed arriviamo in Italia, ma occorre un’altra piccola premessa.

L’uomo ha concepito ed attraversato fondamentalmente due grandi rivoluzioni culturali: la rivoluzione agricola e la rivoluzione industriale.

Il successo della rivoluzione agricola gli ha permesso di stanziarsi sui territori ed abbandonare il nomadismo; la rivoluzione industriale di abbandonare il lavoro delle campagne e migliorare il tenore di vita nelle città.

Nei paesi in cui la rivoluzione industriale ha avuto modo di affermarsi lentamente e di entrare nella mente delle persone spontaneamente, nessun evento politico straordinario ed imponente ha dovuto agire drasticamente per riorganizzare l’assetto nazionale.

Naturalmente in Italia non è stato facile e soprattutto al sud: siamo agrari ora figuratevi negli anni ’20. Ad un certo punto l’industrializzazione non si poteva negare, oppure si.

Mussolini si opponeva: la parola d’ordine era “ruralità“: l’elogio propagandistico del contadino.

In Russia invece se proprio “industria”  doveva essere, la stessa doveva essere controllata da tutti, dal popolo.

La storia ci insegna che ogni cambiamento passa sull’uomo, con o senza il suo consenso.  Non sta a noi scegliere ma piuttosto coglierlo per tempo. Se non riconosciamo il divenire nessuno ci aspetta,  piuttosto stiamo attenti a chi ci dice di non preoccuparci e che tutto grazie a lui si risolverà: la responsabilità è nostra.

Il secolo appena passato non esiste più ed è impensabile riproporlo: non c’è più! L’orientamento politico non è altro che un atteggiamento mentale: la predisposizione al cambiamento.

Il posto di lavoro sicuro per noi giovani attualmente non esiste: sono cambiate le variabili.

Oggi facciamo confusione perché non c’è qualcosa di sinistra o di destra in se. La stessa affermazione ha significati diversi se storicizzata.

Condannare un uomo a lavorare 40 ore la settimana in una fabbrica da operaio per tutta la vita, 50 anni fa era un atteggiamento di destra; oggi tutti quelli che si dichiarano di sinistra vogliono farlo e si battono per questo: stiamo attenti.

Lo stesso Mussolini, quando emerse politicamente,  immaginava un mondo diverso come non era mai stato e si definì per questo di sinistra. E’ poi il presente che definisce. Di sinistra era assicurare tutto a tutti: annullando la meritocrazia e degenerando nell’assistenzialismo spietato.

Togli all’uomo la possibilità di essere migliore e di avere di più e annulli la sua motivazione principale a migliorare il mondo: il comunismo non ha funzionato per questo.

Le persone politicamente di destra sono reazionari, credono che prima si stava meglio ed è opportuno riportare le cose com’erano.

Le persone politicamente di sinistra invece credono che ancora il meglio deve venire ed è meglio impegnarsi per cambiare ulteriormente le cose.

Per essere tutti uguali, Marx diceva che è necessario che tutti posseggano i mezzi di produzione. Oggi non abbiamo più scuse: il mezzo di produzione più importante è la nostra testa.

L’abbiamo tutti?